Il Centro Alcologico Territoriale Funzionale della ASP di Catania : una sfida culturale tra etica e comunicazione.
(Sottotitolo (a posteriori) : ecco cosa farò quando andrò in pensione…)
Nota : Ho scelto di rendere pubblico questo mio lavoro ormai datato e offrirlo a chi riuscirà a realizzarlo. Chiunque ci riuscisse è pregato di darmene notizia. Non ho pretese sui diritti d’autore…ma solo avere la soddisfazione che volendo..si potrebbe costituire dando continuità al lavoro con i Club Alcologici Territoriali e tanto altro ancora…. Giuseppe La Rocca
Premesse.
La scelta dell’argomento non è stata casuale, ma determinata e direi anzi obbligata da una serie di constatazioni derivanti da oltre diciotto anni di militanza personale nel campo del trattamento dei problemi alcolcorrelati nel servizio pubblico.
Le motivazioni di tale scelta si possono così brevemente riassumere :
- Esiste a Catania ed in provincia, ma anche nel resto della Regione la situazione non cambia, una parcellizzazione di interventi sui problemi alcolcorrelati ( in seguito pac) che comportano spreco di risorse, inappropriatezza di cure, disorientamento dell’utenza e grosse difficoltà ad ottenere anche soltanto semplici informazioni sui luoghi e sulle alternative trattamentali ;
- Esiste una eccessiva medicalizzazione e psichiatrizzazione dell’intervento sui pac, un forte scollegamento dalle attività preventive territoriali , pressochi assenti, e una mancanza pressoché totale di connessione con gli ospedali, sia aziendali che extra-aziendali, una scadente collaborazione con i Medici di Medicina Generale, nonchè una sistematica sottovalutazione della risorsa famiglia nel contesto della comunità locale;
- Esistono, ma vengono poco coltivate, incentivate e valorizzate, sia le risorse umane dei servizi (Ser.T.) che del volontariato che sono anzi spesso costrette a remare contro corrente e senza la dovuta visibilità ;Þ
- Esistono ancora, non solo i tanti bisogni espressi delle famiglie al cui interno si sviluppa un problema di alcolismo e che soffrono nella media dei casi non meno di 10-15 anni di disagi complessi e multidimensionali, prima di arrivare a chiedere aiuto, ma anche i disagi inespressi e sottosoglia dei tanti, tantissimi che o non arrivano affatto ai servizi o vi arrivano in condizioni critiche e che, invece, sarebbe importante cercare di raggiungere prima possibile ;
- Esiste, infine, la constatazione della diffusione capillare di consumi eccessivi di alcolici (binge drinking) tra giovani e giovanissimi, da soli o peggio associati a sostanze psicotrope illegali, a fronte di un insufficiente controllo del territorio sui livelli alcolemici alla guida di autoveicoli e laddove occasionalmente viene riscontrato, non esistono protocolli d’intervento unitari, condivisi e credibili che proteggano – tutti – dai danni da “alcol passivo” (danno, incidente o decesso causato da persone alla guida in stato di ebbrezza alcolica su altre in stato di sobrietà).
- Vi è ancora la constatazione del grado di sviluppo raggiunto dai programmi alcologici nel resto d’Italia, laddove è del tutto normale rivolgersi al Centro Alcologico Territoriale che coordina l’intervento, programma la sua attuazione e ottimizza le risorse complessive (pubbliche, privato sociale e volontariato) nello spirito di una forte integrazione socio-sanitaria.
Queste le premesse della scelta, non solo, ma ad esse si legano le funzioni istituzionali che ricopro come Responsabile di un Ser.T ad alta utenza e la tensione verso un miglioramento qualitativo dell’assistenza in tema di pac nell’ASL 3 che sia rispettoso dei contesti normativi, della mission aziendale, delle risorse limitate a disposizione, ma che possa offrire all’utenza una proposta di Salute atta a migliorare la qualità della vita in ossequio anche a quanto l’Organizzazione Mondiale della Sanità propone in tema di programmi alcologici territoriali da svariati lustri.
a . Perché questo titolo.
Spiegherò in seguito in apposita sezione le funzioni del Centro Alcologico Territoriale Funzionale, ma vale la pena di chiarire subito perché una “sfida culturale tra etica e comunicazione”. “Sfida culturale” perchè i problemi alcolcorrelati nascono dal bere come comportamento di rischio per la Salute. Il bere nelle nostre comunità ha un forte radicamento culturale, che, a sua volta continua a proteggere il consumo di alcolici. L’OMS ci ricorda da alcuni decenni che i problemi alcolcorrelati nascono dal bere che è considerato un comportamento a rischio per la Salute (nel coll. vedi uno dei progetti nazionali
nati per implementare, per esempio, il Piano d’Azione Europeo – 25%). Molti i luoghi comuni che culturalmente fanno del bere un comportamento accettato, protetto, pubblicizzato, ecc ..(chi non ricorda i vecchi adagio de “il vino fa buon sangue “, “il vino riscalda” “ chi beve birra..ecc..”). Il nostro paese e ancor più la nostra Regione Sicilia hanno una forte vocazione vitivinicola, attorno a cui ruotano interessi miliardari e si comprende bene quali resistenze si attivano quando per esempio si discuta in determinati contesti del Piano d’azione Europeo sulla riduzione dei consumi del 25% nella popolazione generale. L’Alcologia, l’approccio ecologico-sociale (che avremo modo di definire in seguito più ampiamente), ma ovviamente anche l’OMS, hanno acclarato, al di là di quanto ci dice la pubblicità, le resistenze culturali connesse e gli interessi mercantili dall’altro, che esiste un rapporto lineare tra incremento dei consumi generali nella popolazione e incremento dei problemi alcolcorrelati in una comunità locale. Da cui i vari Piani d’azione dell’OMS (Uff. Regionale per l’Europa) che raccomanda la necessità di ridurre i consumi non già nelle fasce ad alto rischio soltanto (in realtà chi è già alcolista non può ridurre alcunché, può astenersi del tutto, se lo vuole), ma nella popolazione generale dei cosiddetti “bevitori moderati”, cioè secondo stime prudenti, circa l’il 75-80% della popolazione. E’ stato acclarato dall’OMS, che ad una riduzione dei consumi nella popolazione dei bevitori moderati (qualunque cosa ciò significhi) corrisponde un calo dei problemi alcolcorrelati e un minor numero di soggetti che passano nella fascia ad alto rischio (consumatori eccessivi saltuari o meno o veri e propri alcolisti – stimati tra il 5-10 % della popolazione). E’ importante chiarire che i termini “uso o abuso” sono desueti e non riportabili a quantità predefinite prive di rischio, per cui molto più correttamente l’OMS parla adesso solo di “consumo”, rinunciando a definire il “quanto” del “bere moderato” (norma culturalmente alquanto variabile). E allora ben si comprende come il Centro Alcologico Territoriale Funzionale non si pone la semplice ottica di offrire un luogo dove l’alcolista venga accolto con la sua famiglia per definire un programma che permetta una possibilità di cambiamento e di miglioramento della qualità della vita, ma anche come luogo che, attraverso opportune azioni, faccia da ponte tra pubblico e privato, nell’ottica di cambiare culturalmente il comune sentire sull’alcol nella comunità locale in sintonia con quanto l’OMS propone (vedi “Salute per tutti nell’anno 2000” ovvero l’attuale “ Salute 21”) dove vengono descritti i determinanti di Salute per i prossimi anni e le azioni che bisogna porre in essere per attuarli.
Ma anche “etica” e “comunicazione”. “Etica” perché i problemi alcolcorrelati e le attività preventive che congiuntamente si devono innestare e, in generale, anche i danni da alcol passivo coinvolgono tutti, non solo chi beve, ma anche chi fosse astemio. Basti pensare che l’OMS nella dichiarazione di Stoccolma ebbe a dire che la maggior causa di morte in Europea dei giovani tra i 15 e i 29 anni è legata all’alcol. Perché, ancora, non è possibile continuare a sprecare l’opportunità (talvolta unica nella vita di una persona in sofferenza a causa dell’alcol) di “agganciare” la persona durante un ricovero ordinario o in urgenza in un reparto ospedaliero. Sempre l’OMS calcola che un letto ogni 4 o 5 sia occupato da persona con pac (più o meno dichiarati o diagnosticati) : tale stato di cose ha una grave incidenza, in un periodo di risorse limitate, nella
micro e macroeconomia aziendale e non solo. A ciò si aggiunga la scarsa conoscenza dei problemi alcolcorrelati, delle modalità elementari di approccio di gran parte della classe medica e come le cure mediche e psichiatriche hanno denunciato da tempo i loro limiti in questo particolare campo. Ricordo, brevemente, che prima della legge di riforma psichiatrica ( la famosa L. 180) il destino degli alcolisti era il manicomio. Non è “etico”, a mio avviso, che ancora oggi vi siano famiglie che partono per “viaggi della speranza” al nord Italia in sezioni alcologiche ospedaliere o di day-hospital e che poi ci vengano segnalate e inviate, per il prosieguo del trattamento territoriale assieme alla famiglia. Mi pare anche ovvio sottolineare che queste “cure” fuori Regione implicano per noi un costo milionario nelle compensazioni interregionali. L’altra parola “comunicazione” si riferisce ad una specifica funzione del Centro Alcologico Territoriale Funzionale che appunto della “comunicazione” deve fare uno dei suoi punti di forza e di prassi operativa, attivando tutta una serie di proposte formative-informative sul territorio sia per la popolazione che per categorie professionali specifiche, non solo in maniera diretta ed interattiva, ma anche in via telematica ovvero sfruttando quanto di multimediale esiste per sensibilizzare ai problemi alcolcorrelati, al bere come comportamento a rischio al fine di cercare di far riflettere le persone, mettendo in crisi con opportune argomentazioni, i tanti luoghi comuni sul bere. Essi , se ci riflettiamo, proteggono a spada tratta il bere come tratto culturale irrinunciabile (ma è sempre in discussione il bere degli altri…ovviamente), ma ad un tempo ostacolano le attività di prevenzione primaria che sono orientate ad una riduzione generalizzata dei consumi (perciò anche dei nostri) solo modo per ridurre e mettere sotto controllo i problemi alcolcorrelati che si sviluppano nelle nostre comunità e che stanno incidendo, purtroppo, in maniera sempre più evidente sulle fasce giovanili e sulle donne. In tal senso il Centro Alcologico Territoriale Funzionale fa propri i Principi della Carta Europea sull’Alcol (Parigi, 1995) e ad essi si ispirerà per azioni che abbiano un senso compiuto e validato da un ente autorevole e al di sopra delle parti come l’OMS.
Lo scenario verso cui è orientata la presente dissertazione è quella di una sperimentazione, ma fondata sullo sfruttamento di esperienze già maturate e attive sul territorio (mi riferisco ai sette Club degli Alcolisti in Trattamento (metodologia ecologico-sociale) sicuramente attivi nel territorio provinciale e alle altre esperienze alcologiche in diversi SerT di Catania e provincia , mi riferisco alle attività dell’Associazione Provinciale dei Club degli Alcolisti in Trattamento (APCAT Catania onlus) e anche alle esperienze di una Comunità Terapeutica residenziale convenzionata ( l’Oasi, di Caltagirone) e a una struttura del privato convenzionato (la Casa di Cura “ Villa dei Gerani” Catania) che da circa dieci anni ha impiantato un programma alcologico in costanza di ricovero per pazienti alcolisti, complicati o meno da disturbi psichiatrici in comorbilità. Vi è pertanto un patrimonio umano di risorse che andrebbe opportunamente valorizzato e utilizzato al meglio. A questo, non ultimo, nell’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati si aggiunga la risorsa delle famiglie : l’empowerment delle reti sociali, il rendere più competenti e informate le famiglie al cui interno si sviluppa un pac (ma potrebbe trattarsi di qualunque altra situazione di patologia che comporti un
coinvolgimento di terzi) costituisce uno dei target principali del Centro Alcologico Territoriale Funzionale. Tale obiettivo si raggiunge con gli strumenti operativi propri della metodologia utilizzata che fa della formazione e dell’aggiornamento continui – sia dei professionisti che dei volontari e orizzontalmente di tutti i membri della famiglia che accettino il programma – uno dei suoi punti di forza irrinunciabili e caratteristici.
Rendere cognitivamente e non solo empiricamente competenti i destinatari ultimi degli interventi (le famiglie in trattamento per pac) aumenta in maniera decisiva la compliance al trattamento medesimo e fa uscire fuori dalla logica di “delega “ al servizio, al professionista, all’ospedale, alla “cura”, la risoluzione del problema rimandando alla responsabilità personale del proprio comportamento.
- La scelta di un approccio al trattamento dei problemi alcolcorrelati.
Il trattamento dei problemi alcolcorrelati e dell’alcolismo come sua massima espressione, ha seguito e segue l’evoluzione culturale della società e lo sviluppo scientifico di essa. Storicamente, dopo l’approccio moralistico (alcolismo = vizio) ovviamente non considerabile (ma tutt’ora presente in larghi strati di popolazione), dal dopoguerra in poi si è fatto finalmente strada l’approccio medico (alcolismo= malattia) o psichiatrico (alcolismo = disturbo comportamentale conseguente a problema psicologico e/o psichiatrico). Ciò da un lato ha sicuramente dato dignità alle sofferenze di molti che hanno avuto la possibilità di cominciare ad essere curati, ma dall’altro ha denunciato i suoi limiti nel “risolvere” le complesse problematiche medico-psico-sociali e familiari connesse. Ricordavo appunto, che secondo l’ approccio psichiatrico
(vecchia maniera) prima della Legge di riforma psichiatrica ( L. 180) l’alcolista in buona sostanza era internato in manicomio subendo dei danni spesso irreversibili con la custodia spesso decennale all’interno.
Nel 1934 in America Bill e Bob (medico quest’ultimo) entrambi alcolisti scoprono che potevano riuscire a rimanere sobri parlandosi e aiutandosi a vicenda. Da qui parte la straordinaria esperienza mondiale di AA ( Alcolisti Anonimi) il cui testo base della loro filosofia d’approccio ha venduto più copie della Bibbia e tradotto in tutte le lingue del mondo. Inizia così l’auto-aiuto. Si tratta di un approccio certamente efficace e a costo zero che considera l’alcolismo una malattia cronica, inguaribile e progressiva, ma inattivabile con l’astinenza duratura. AA si rivolgono, inoltre, ad una entità suprema (Dio come ognuno lo immagina) cui affidarsi e affidare la propria vita e il proprio cambiamento. La famiglia è considerata a parte e l’alcolismo è una malattia a base anche genetica, per cui non ci sarebbero legami diretti tra il bere moderato e chi, per cause predeterminate diventerebbe alcolista. AA di solito, inoltre non collaborano con i servizi pubblici. Si capisce che non è neanche possibile lavorare in ambito preventivo secondo l’approccio di AA, essendo tutto già predeterminato geneticamente. Il bere come comportamento di rischio non è in discussione. La teoria dei sistemi prima e la terapia della famiglia successivamente conducono Vladimir Hudolin a proporre un approccio innovativo ai problemi alcolcorrelati dove fulcro è il gruppo di auto-aiuto multifamiliare universalmente noto come CAT ( Club degli Alcolisti in Trattamento). Un approccio che è una nuova epistemologia del trattamento dell’alcolismo, ma anche una nuova filosofia della vita e della Salute. Le novità e le diversità sono parecchie : si prende contemporaneamente in carico tutta la famiglia o anche parte di essa, l’alcolismo viene via via definito come stile di vita, all’interno del gruppo esiste una figura nuova adesso definita “servitore-insegnante” che funge da facilitatore e/o catalizzatore dei processi di cambiamento. L’aiuto reciproco, la solidarietà, la condivisione, unitamente all’aggiornamento continuo di famiglie e operatori di Club, in un‘osmosi continua e alla pari sono attualmente la ricetta vincente che sta cambiando la cultura sanitaria e generale sui pac e sta avendo un successo straordinario anche all’estero (oltre 35 paesi dei cinque continenti raggiunti dalla metodologia nata dall’intuizione di Hudolin). Trattasi di una metodica che l’OMS ha ritenuto valida (l’Associazione Nazionale dei Club – AICAT – coopera in tal senso con l’OMS) e di alta valenza scientifica testimoniata dai risultati ottenuti dal 1979 ad oggi in Italia (vedi Banca Dati Nazionale). Per una visione integrale delle tabelle, non scaricabili completamente dal sito, vedi http://www.aicat.net . Una panoramica dello stato attuale dei programmi alcologici in Italia, per chi desidera approfondire è fruibile nel link ipertestuale. La scelta di un approccio genera di solito accese discussioni accademiche che , a mio avviso, non hanno motivo di essere : la scelta di utilizzare l’approccio ecologico-sociale per i problemi alcolcorrelati è dettato dalla limitatezza delle risorse a disposizione, dall’economicità e dalla sua straordinaria efficacia e duttilità. Altri approcci individuali, psicologici. psichiatrici, psicofarmacologici, possono e debbono essere utilizzati , se chi lo fa è esperto in esso e ottiene buoni risultati. Anzi, in un’ottica aziendale questa sarebbe una ricchezza, ma è ovvio che nessun servizio può garantire tutti gli approcci contemporaneamente (cosiddetto approccio multimodale) per il semplice motivo che sarebbe antieconomico e cozzerebbe con la limitazione di risorse umane a disposizione. Sarebbe, invece, utile una “specializzazione” conosciuta e allocata chiaramente nelle varie sedi distrettuali dei SerT e che possa offrire quel tal approccio al meglio delle proprie possibilità : ciò permetterebbe di poter avere a disposizione varie tipologie di approccio, garantendo la pluralità di approcci, con maggiore efficacia e con una razionalizzazione delle sempre limitate risorse umane e professionali disponibili, mettendo in essere, appunto, una delle funzioni principali del Centro Alcologico Territoriale Funzionale che è appunto di porsi come Centro di raccordo e proposta, non solo all’interno delle varie UU.OO. aziendali che impattano con soggetti in difficoltà con l’alcol, ma , a regime, come ponte tra il pubblico e il privato attivando nei fatti una U.O. di carattere misto e interdisciplinare che possa coordinare in maniera più efficace la complessità del paziente alcolista con il suo carico di sofferenze familiari e spesso multidimensionali. E’, infine, importante sottolineare quanta eco abbiano i problemi alcolcorrelati nel recente Piano Sanitario Nazione 2006-2008 (per una rapida ricerca si suggerisce : aperto il collegamento ipertestuale, ciccare sul menu modifica, cerca, digitare la parola “alcol” e leggere l’elenco creato).
Capitolo 1 – La necessità di agire e le problematiche emergenti.
L’attivazione di un Centro Alcologico Territoriale Funzionale è diventata oltrechè un’esigenza per dare un servizio all’utenza, anche una necessità determinata da molti segnali, sia epidemiologici che di altro genere. Se consideriamo alcuni report recenti (che fotografano solo una parte del problema), abbiamo dei dati molto seri circa i problemi alcolcorrelati in Sicilia (in tal senso OER siciliano solo da 2001 raccoglie sistematicamente i dati delle attività alcologiche dei servizi pubblici). Ci si rende conto che il problema esiste ! E ancora la legge quadro sull’alcol ( L. 125) ha riconosciuto le problematiche alcolcorrelate. Ma, a parte il dato epidemiologico e legislativo, è l’osservazione del numero (sottostimato e sottodiagnosticato) di persone che varcano la soglia degli Ospedali che è preoccupante. L’OMS calcola in un letto su quattro o cinque la presenza di alcolisti negli Ospedali. Significa una spesa veramente imponente che non è facile quantificare : si aggiunga a ciò la non-prosecuzione del trattamento sul territorio per assenza di collegamenti-collaborazioni con gli Ospedali, sia aziendali che non. Il fenomeno della “porta girevole” e i reingressi sono noti. Gli alcolisti non sono in generale accolti facilmente negli Ospedali per svariati motivi : sono pazienti complicati e di difficile approccio, hanno scarsa compliance, generano sentimenti di ostilità, rifiuto o colpevolizzazione negli operatori sanitari, vengono, quando va bene, curati per la patologia d’organo che ovviamente non aggredisce né mette in discussione il legame tra la persona e l’alcol. Non vorrei qui accennare ad altri aspetti peculiari e altrettanto importanti : il problema dell’alcol e la guida, l’uso smodato e sempre più evidente di alcolici tra i giovani e giovanissimi, l’alcolismo al femminile, le problematiche molto complesse dei senza fissa dimora, quasi tutti con gravi problemi alcolcorrelati, degli extracomunitari con problemi di alcolismo. Insomma la necessità di agire nel contesto di tali numerose problematiche, mi sembra evidente. Eppure, a ben guardare , l’ASL 3 di Catania si è già da anni accorta del problema , vorrei ricordare alcune iniziative :
nel novembre del 1998 venne organizzata a Catania alle Ciminiere la prima, e sola per adesso, Conferenza Regionale sulle alcoldipendenze che richiamò oltre 120 persone da tutta l’Isola.
Per due anni consecutivi (2000 e 2001) l’ASL 3 ha avuto come suo obiettivo strategico l’incremento dei contatti con gli alcolisti e tale obiettivo è stato perseguito dai SerT provinciali;
– Nel 2001 sono state proposte e accettate in sede Dipartimentale delle “Linee guida” per l’approccio ai pac e tutti i SerT hanno provato ad applicarle ;
E’ stato proposto e poi effettivamente eseguito un Corso di Aggiornamento per operatori dei SerT sull’approccio ecologico-sociale ai pac, che ha coinvolto circa l’80% degli operatori dei SerT provinciali di ogni profilo professionale.
Si è partecipato con seminari di sensibilizzazione pubblica sui problemi alcolcorrelati alla “ Settimana della Salute”.
Ancora, nel Marzo u.s. l’ASL 3 ha concesso il patrocinio ad un “Corso di Sensibilizzazione ai problemi Alcolcorrelati e complessi” (metodologia Hudolin) organizzato per volontari dall’Associazione Provinciale dei Club degli Alcolisti in Trattamento (APCAT CT onlus).
La risposta “istituzionale” però non ha avuto i caratteri della continuità e soprattutto è stata ed è legata alle motivazioni e/o risorse personali e professionali di questo o quell’altro operatore dei SerT. Scemando la motivazione ovvero per motivi logistici (trasferimenti per esempio) di quel tal operatore, cessano le condizioni che rendono possibile lo sviluppo di un programma territoriale e l’alcologia viene messa in secondo piano. Una risposta coordinata in sede di DDP non è stata finora neanche tentata, per cui la situazione attuale dipende dalla buona volontà di questo o quell’operatore di SerT, dallo spazio operativo che gli è concesso dal proprio Responsabile, dalla tipologia di leadership presente nei vari SerT aziendali e da altri fattori ancora.
L’Alcologia è materia complicata, multidisciplinare e non può più essere relegata ad attività volontaristica e accessoria, anche perché i problemi alcolcorrelati sono trasversali a diverse discipline (Psichiatria, Psicologia, Medicina Interna, Sociologia, Neurologia, Servizio Sociale, Pedagogia) e possiamo trovare alcolisti ricoverati in vari reparti d’Ospedale : dalla Medicina, all’Ortopedia e Traumatologia, ai Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, alla Neurologia, Dermatologia, Chirurgia, ecc) e impegnano un uso di risorse non indifferente sia per costi assistenziali diretti che indiretti e comportano un costo sempre crescente, a fronte dello scarso allarme sociale che generano.
L’OMS calcola tra il 2 e il 5% del PIL (prodotto interno lordo) il “costo” dei pac nei paesi occidentali. Oltre ai ricoveri ordinari o in urgenza, ai costi da incidentalità, consumo di farmaci, protesizzazioni, ecc. si calcola che l’alcol presenta il più alto indice di disabilità nella regione Europea (circa 10 anni) cosa che comporta gravi problemi psicosociali, familiari, lavorativi, pensionamenti precoci, molto spesso concentrati in quel periodo della vita che dovrebbe essere quello più produttivo nell’arco di un’esistenza. Incalcolabili le sofferenze dei familiari coinvolti e i danni trasmessi ai figli di alcolisti. E’ osservazione comune in letteratura, ma facilmente confermata dai SerT, che spesso, tossicodipendenti in trattamento per uso di droghe illegali sono figli di alcolisti non noti ai servizi stessi. Una anche modesta riduzione delle spese assistenziali, da sola giustificherebbe la necessità di agire. La liberazione di risorse aggiuntive e la nuova offerta di Salute per un’utenza classicamente difficile costituirebbero il valore aggiunto del progetto medesimo.
Capitolo 2 – Aspetti operativi e organizzativi
2.1 – Cos’è un Centro Alcologico Territoriale Funzionale
- Non è una nuova struttura “complessa”
- Non richiede particolari finanziamenti, ma è bene sia dotata di un budget anche minimo
- Non necessita di spese per nuovi locali o per nuovo personale (semmai rifunzionalizza l’esistente)
- Non è un centro “strutturale”, ma appunto “funzionale”
- Non è e non dovrebbe mai diventare un centro di potere…ma, se possibile, un centro di “servizio” per la persona…
DEFINIZIONE :
- UN CENTRO ALCOLOGICO TERRITORIALE FUNZIONALE E’ ESSENZIALMENTE LA SOMMA DI TUTTE LE RISORSE UMANE E MATERIALI – PUBBLICHE O DEL VOLONTARIATO O DEL PRIVATO SOCIALE – CHE CONDIVIDANO ANALOGA VISIONE DEL PROBLEMA, ANALOGO APPROCCIO METODOLOGICO E CHE SIANO DISPONIBILI AD OCCUPARSI DI ALCOLISMO – RELATIVAMENTE A TRATTAMENTO, RIABILITAZIONE E PREVENZIONE – SU UN PIANO DI COOPERAZIONE E DI PARITA’.
2.2 . Le risorse umane
E’ assolutamente indispensabile che le risorse umane abbiano :
- medesima formazione, anche se differente profilo professionale
- lavorino già attivamente nei programmi alcologici con metodologia specifica (in questa ipotesi il metodo ecologico-sociale)
- siano fortemente motivati e aderiscano volontariamente al progetto
- siano disposti all’aggiornamento continuo…
Essi provengono da :
- a) Dagli operatori pubblici dell’AUSL 3 che hanno maturato esperienza, formazione e aggiornamento nel trattamento dei problemi alcolcorrelati e complessi.
- b) I volontari formati ai pac che intendano collaborare con il servizio pubblico
- c) Altri operatori che provengano da strutture convenzionate e che abbiano formazione adeguata.
- d) Volontari del Servizio Civile disponibili a effettuare una breve formazione
Per gli operatori pubblici vi sono dei vincoli :
- Concessione da parte dei Resp. delle U.O. cui afferiscono gli operatori formati e motivati del relativo nulla-osta all’utilizzazione dell’operatore stesso mediamente per 6 ore/settimana/operatore.
- La possibilità di ottenere dei rimborsi chilometrici per le attività territoriali x ogni operatore impegnato in attività esterne (documentata e preventivamente autorizzata)
- Il Coordinatore – un Dirigente Medico con esperienza in alcologia e altre dipendenze e formatore al metodo ecologico-sociale – del Centro
Alcologico Territoriale Funzionale deve essere formalmente individuato dall’Alta Dirigenza e a sua volta deve avere la possibilità di indicare i collaboratori esperti in problemi alcolcorrelati (da un minimo di 2 ad un massimo di 4 per l’attivazione del Centro medesimo).
2.3 La Logistica
Il Centro Alcologico Territoriale Funzionale deve avere una sede propria, non costruendone una appositamente, ma utilizzando e rifunzionalizzando l’esistente. L’area anche di un appartamento di medie dimensioni (120-140 mq) , a norma per i requisiti abitativi e di sicurezza ovvero dei locali da rifunzionalizzare o nell’area metropolitana o nelle sue immediate vicinanze. I locali dovranno avere normali arredi d’ufficio, il minimo per un ambulatorio per visite mediche, un locale più ampio per attività di gruppo, un locale di attesa e una o due stanze per colloqui d’accoglienza. Una segreteria con telefono, fax, connessione intranet ed internet e un pc dedicato.
2.4 Le funzioni principali del Centro Alcologico Territoriale Funzionale
Il Centro avrà una sua tempistica per andare a regime che indicherò successivamente, soprattutto per la costruzione finale di un Day Hospital alcologico di valenza provinciale. Ma di ciò dirò brevemente in seguito.
Le funzioni che possiamo qui indicare sono :
- Accoglienza, diagnosi e proposta di piano di trattamento per famiglie al cui interno uno dei membri ha problemi di alcolismo, combinato o meno con altre dipendenze o uso di altre sostanze psicoattive.
- Favorisce la realizzazione di programmi di prevenzione primaria sul territorio, in linea con l’approccio ecologico-sociale e cura l’inserimento delle famiglie in gruppi di auto-aiuto multifamiliari ( CAT), ovvero AA (Alcolisti Anonimi) ovvero nei casi a “doppia diagnosi” collaborazione con DSM, Comunità, Comunità Alloggio, Case Famiglie, ecc
- Cura il colloquio e la consulenza alcologica da chiunque richiesta, anche nei confronti di pazienti ricoverati – pertanto in loco – negli Ospedali aziendali territoriali ovvero – se vi fosse una convenzione tra ASL 3 e Aziende Ospedaliere dell’Area Metropolitana – a richiesta e a letto del degente.
- Promuove attività di sensibilizzazione, di collegamento e di coordinamento con tutti i servizi sanitari, UU.OO. , Centri Sociali, ecc che si occupano a vario titolo di famiglie con problemi alcolcorrelati mediando e ottimizzando le risorse territoriali
- Svolge attività di sensibilizzazione sul territorio sia su gruppi target che sulla popolazione generale al fine di promuovere un cambiamento della cultura socio-sanitaria connessa all’alcol e finalizzata ad una riduzione dei consumi ( Piano d’Azione Europeo dell’OMS) e fa propri i principi della Carta Europea sull’Alcol (1995).
- Lavora per obiettivi che vanno incrementati per fasi successive in stretta collaborazione con il volontariato del settore (es. di Progetti : Alcol e Guida, Alcol e Lavoro, con proposte formative per esempio ai componenti delle Commissioni Medico Locali Patenti di Guida e Istruttori di Scuole Guida, ovvero per “Alcol e Lavoro” aggiornamenti per i Medici competenti delle Aziende al fine di ridurre l’incidentalità alcolcorrelata, ecc.)
- Si occupa della costruzione di materiale divulgativo e multimediale, conduce ricerche epidemiologiche (che saranno più facili quando il progetto SESIT andrà a regime), opera interconnessione tra gli operatori dei gruppi di auto-aiuto, attiva e conduce programmi di formazione e aggiornamento continui sia per le stesse famiglie dei gruppi di auto-aiuto che dei volontari dei Club degli Alcolisti In Trattamento di Catania e Provincia
- Propone e attiva – dopo almeno due anni dallo start – un Day Hospital per i casi di alcolisti con situazioni complesse e con alto grado di disabilità in modo da favorire e assistere il successivo passaggio alla sobrietà e facilitare il trattamento territoriale quanto più possibile
- Favorisce sul territorio il lavoro dei Club degli Alcolisti in Trattamento e collabora con le Associazioni che le rappresentano, con AA, con i SerT, con il DDP, la Salute Mentale e i MMG dei vari Distretti metropolitani e provinciali
Tempi di realizzazione
- Da tre a sei mesi per l’attivazione pratica del Centro Alcologico Territoriale Funzionale
- Diciotto mesi per l’apertura di un Day Hospital Alcologico ( ovvero di uno spazio ospedaliero dedicato in via esclusiva)
- Due anni per il raddoppio dei Club degli Alcolisti in Trattamento esistenti nel territorio di CT e provincia (indispensabili per il trattamento territoriale dell’alcolismo)
- Due anni per andare “a regime” ( Scuole Alcologiche attive, materiale multimediale, raccolta dati, sistema informativo, ecc.)
Merita una piccola spiegazione il significato di “ Scuola Alcologica Territoriale” : da oltre 10-12 anni è stato formalizzato sia con testi sia con diapositive sia con facili spiegazioni didattiche un “pacchetto” di argomenti inerenti i problemi alcolcorrelati che vengono costantemente utilizzati sia per la formazione di base delle famiglie che entrano nei gruppi di auto-aiuto (primo modulo), ma anche a scopo di successivo aggiornamento per le stesse (secondo modulo) su argomenti nuovi o di attualità, ovvero per gruppi target e sulla popolazione generale al fine di sensibilizzare, mettere in crisi luoghi comuni, ecc (terzo modulo). Nel link ipertestuale si aprono le diapositive che vengono utilizzate regolarmente negli attuali programmi alcologici territoriali con il metodo ecologico-sociale.
Capitolo 3 . Strumenti
Primo strumento indispensabile è la risorsa umana. Il colloquio alcologico effettuato con un’ottica sistemico-familiare ovvero in associazione alle tecniche del colloquio motivazionale (approccio ateoretico di Prochaska e Di Clemente) è lo strumento principe nel primo impatto della persona con il Centro Alcologico. Senza un sufficiente apprendistato ottenuto attraverso il contatto diretto con le famiglie con problemi di alcol, si rischia di bruciare subito l’occasione di “aggancio” della nuova famiglia. Notoriamente l’alcolista non sempre ammette di avere problemi con l’alcol, rifiuta egli stesso la parola alcolismo, si rifugia come estrema difesa in un assoluto diniego e in una non collaborazione con l’intervistatore. La negazione, il rifiuto, la richiesta portata dai familiari e non dallo stesso “alcolista”, rendono del tutto peculiare l’accostarsi ad un alcolista, a differenza del tossicodipendente che di solito si rivolge direttamente al SerT e non fa mistero del suo uso di sostanze illegali. Il poter iniziare a lavorare anche senza la persona che fisicamente beve (approccio familiare-sistemico), in una situazione di accoglienza e di empatia di solito permette un valido aggancio ed un inizio di programma che va definito via via con la stessa famiglia, e non calato dall’alto in maniera acritica. Ottenuta la fiducia della famiglia e soprattutto dell’alcolista propriamente detto, si procede con quelli che sono gli strumenti diagnostici più accreditati e che permettono di affinare il percorso diagnostico e la proposta trattamentale specifica.
3.1 Le linee guida diagnostiche
Da un esame della letteratura in materia, fu formulato già nel 2001 un percorso diagnostico che è già patrimonio dei SerT provinciali. Il rilancio di tale percorso diagnostico mi sembra essenziale per una corretta presa in carico del cliente-utente e per poter poi ottenere degli outcome validati e confrontabili nel tempo.
- Prima fase : il colloquio d’accoglienza, con intervista alcologica, è il punto nodale che permette l’aggancio o meno, del nuovo utente. Si è scelto, per le implicazioni connesse alle sofferenze familiari, di effettuare prevalentemente colloqui familiari o richiedere la presenza di un familiare al successivo colloquio.
- Il colloquio iniziale deve essere orientato a creare da subito un clima empatico, non giudicante, per quanto possibile disteso, cercando di proporre una ridefinizione del problema in termini di sofferenza di tutto il nucleo familiare, cercando di rileggere la “storia” familiare in relazione all’uso di alcol.
- Screening: utilizzo del questionario 21JHH.
- Il questionario CAGE – parte iniziale del questionario strutturato – è contenuto nel 21JHH (test di 21 domande utilizzato presso il J.Hopkins Hospital). NB : L’utilizzo del questionario 21JHH non sostituisce il colloquio iniziale, ma è una traccia per l’operatore.
3.2 . I test da utilizzare
Ecco qui di seguito schematicamente la testistica da utilizzare :
CAGE
- [C] Ha mai pensato che sarebbe necessario ridurre il suo bere ? Sì [] No []
- [A] Le dà fastidio quando qualcuno la critica per il suo modo di bere ? Sì [] No []
- [G] Si è mai sentito/a in colpa dopo aver bevuto ? Sì [] No []
- [E] Ha mai bevuto di prima mattina, per tirarsi su ?
Sì [] No []
21JHH
- Il bere sottrae del tempo al suo lavoro? Sì [] No []
- Il bere sta rendendo infelice la sua vita familiare ? Sì [] No []
- Beve per superare la timidezza ? Sì [] No []
- Il bere sta danneggiando la sua reputazione ? Sì [] No []
- Il bere le ha causato difficoltà economiche ? Sì [] No []
- Il bere le fa trascurare il benessere della sua famiglia ? Sì [] No []
- Le sue ambizioni sono diminuite da quando beve? Sì [] No []
- Le viene voglia di bere sempre ad una certa ora della giornata ? Sì [] No []
- Il bere disturba il suo sonno ? Sì [] No []
- La sua efficienza è diminuita da quando ha iniziato a bere ? Sì [] No []
- Il bere ha determinato discontinuità nel suo lavoro o nei suoi affari ? Sì [] No []
- Beve per sfuggire a preoccupazioni o problemi ? Sì [] No []
- Le capita di bere da solo/a ? Sì [] No []
- Ha mai avuto perdite di memoria a causa del bere ? Sì [] No []
- E’ mai stato/a curato/a per il suo bere ? Sì [] No []
- Beve per sentirti più sicuro/a ? Sì [] No []
- E’ mai stato/a ricoverato/a in strutture sanitarie per il bere ?
Sì [] No []
SCORE :
- score da 1 a 21: nessun Sì: negativo (o dissimulato)
- un solo Sì: sospetta alcolcorrelata
- due Sì: presenza alcolcorrelata
- tre o più Sì alcolismo conclamato
- Il C.A.G.E. da solo, se positivo a due quesiti su quattro (o a un solo quesito per soggetti di età inf. a 30 a.), è altamente probante di pp.a.c.
- La diagnosi finale sarà stilata secondo i criteri del DSM IV, in modo da renderla omogenea rispetto alla letteratura internazionale
3.3 Screening biologico
Gli alcolisti sono gravati di numerosi problemi internistici per cui è necessaria un’accurata visita medica. In questa prima fase in cui si valuta il grado di compromissione del soggetto con l’alcol, sono state accettati per semplicità alcuni esami di routine :
– Screening Biologico: ricerca degli indici
ematochimici sensibili per abuso alcolico,
YGT – VCM – AST/ALT – (CDT) ove richiesto.
– Si sono scelti questi indici perché di facile e comune effettuazione (basta un prelievo ematico) con un costo contenuto e sufficientemente affidabili.
– Alcolemia con alcolimetro a fiato già in dotazione per riscontro immediato. Il CDT viene fatto su prelievo ematico ed è effettuabile a richiesta presso il LIP di Misterbianco : esso è però riservato ai casi dubbi ovvero per riscontri a distanza di tempo e per situazioni particolari (richiesta Commissione Medico Locale Patenti per ritiro patente per guida in stato di ebbrezza, per esempio o altri casi dubbi) .
3.4 Valutazione motivazionale
Un utile strumento sia iniziale che successivo sugli esiti di trattamento (outcome) è la variazione del test ricavato dal “colloquio motivazionale” ovvero MAC/alc : Motivazione al Cambiamento, relativo all’alcol.
- Valutazione Motivazionale: somministrazione del questionario MAC/Alc (solo se ritenuto opportuno in base agli elementi emersi precedentemente). Il MAC/Alc è un derivato del MAC-E, MAC sta per Motivazione Al Cambiamento, la E sta per Eroina; il criterio di derivazione è consistito essenzialmente nel sostituire il nome della sostanza d’abuso (da Eroina ad Alcool) e le parole ad essa connesse (es.: farsi -> bere).
- Il test che è di facile somministrazione e può essere effettuato anche autonomamente dal paziente, si collega alla metodica del colloquio motivazionale (approccio transteoretico di Prochaska e DiClemente) e degli stadi del cambiamento.
- I risultati ci indicano lo stadio in cui si trova il soggetto al momento (precontemplativo, contemplativo, determinato, in azione, in ricaduta) e fornisce delle indicazioni all’operatore sia sulla strategia da seguire che sull’efficacia possibile dell’intervento.
- Utilizzato come verifica in corso di trattamento, ci conferma lo stadio del cambiamento raggiunto e l’ulteriore strategia da seguire.
Capitolo 4 . I metodi
Sarà a questo punto emerso con chiarezza che la metodologia di lavoro nell’affrontare i pac e l’alcolismo come suo più evidente epifenomeno, non può prescindere dal fattore umano e dalla motivazione degli operatori addetti, siano essi del pubblico che del volontariato che collabora.
Base essenziale, infatti, per avere una coesione d’èquipe, è che si parli lo stesso linguaggio. La famiglia che è in sofferenza con l’alcol ha già di solito alle spalle non meno di 10 anni di gravi sofferenze alcolcorrelate. Spesso arriva ai servizi con situazioni di gravi crisi, di separazioni di fatto, dopo aver tentato un po’ tutto quello che il mercato assistenziale offre, dal trattamento in ricovero, da quello ambulatoriale farmacologico, psicoterapico individuale o familiare, ecc. Riproporre una lettura della loro storia personale e di vita in termini di sofferenza familiare, sollevando dalla “colpa” il membro problematico e ridando competenza alla loro stessa esperienza empirica, non dipende da un atto magico o di fede, dipende dalla visione che ha l’operatore che accoglie la nuova famiglia. In tal senso l’avere un linguaggio comune, come dicevo, è la base per costruire un Centro Alcologico Territoriale Funzionale. Tutti gli operatori dovranno avere avuto una personale sensibilizzazione al metodo ecologico-sociale (cioè in termini pratici avere partecipato ad un “Corso di Sensibilizzazione all’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati e complessi – metodo Hudolin”), specifico, di 50 ore e avere maturato una propria posizione personale nei confronti del proprio bere. È altresì necessaria un’esperienza nei gruppi di auto-aiuto ed essere disponibili, comunque, all’aggiornamento continuo. La metodologia di approccio non è statica, ma anzi estremamente dinamica., ma proprio l’aggiornamento continuo, la frequenza del lavoro di équipe, la costante supervisione e il necessario lavoro di implementazione delle reti sociali formali ed informali, attraverso lo strumento delle Scuole Alcologiche Territoriali migliora la qualità della prestazione resa e riduce il burn-out dell’operatore in un campo ad alto tenore di stress. Il Centro Alcologico Territoriale Funzionale, ponendosi come ponte tra pubblico e privato, facendo propri i principi della Carta Europea sull’Alcol, lavorerà metodicamente sul territorio non solo aspettando le famiglie che si presenteranno al Centro, ma cercando di intercettare – pertanto con disponibilità a muoversi – le richieste laddove se ne presenti la necessità. Mi riferisco ai Reparti Ospedalieri che accolgono persone già con patologie d’organo conclamate. Il problema è un altro : cercare di potenziare le capacità diagnostiche dei Medici in campo alcologico e stimolare la richiesta di consulenza o l’invio al Centro, anche dei soli familiari, se il degente alcolista non fosse disponibile. Spesso il personale degli Ospedali non ha fiducia nelle possibilità di cambiamento dell’alcolista con patologie internistiche, vede il ricovero come un peso, mette in atto il prima possibile strumenti di espulsione o dimissione, mentre paradossalmente il momento della crisi e del ricovero rende più disponibile ad intraprendere un percorso di recupero sia l’alcolista che i familiari. La metodologia ecologico-sociale è accettata dall’OMS ed è la sola utile ad attivare circoli virtuosi nelle comunità locali per la protezione e la promozione della Salute. Si parte dall’alcol, ma l’impegno riguarda la la Salute a 360° e la qualità della vita. La cultura del self-help e le scelte ecologiche sono i pilastri del lavoro e
dell’operatività metodologica del Centro Alcologico Territoriale Funzionale, in un’ottica centrata sull’efficacia e sulla razionalizzazione delle risorse esistenti.
Capitolo 5 . Gli obiettivi strategici fondamentali. Gli indicatori di outcome
5.1 Obiettivi .
- Attivare un circolo virtuoso tra territorio (MMG, Consultori, Centri Sociali, Volontariato, ecc), Ospedale Generale e Centro Alcologico Territoriale Funzionale.
- Ridurre i consumi pro-capite di alcolici nel territorio provinciale
- Migliorare la qualità della vita della popolazione in generale proponendo nuovi e alternativi stili di vita.
- Attivare un Day-Hospital Alcologico provinciale per la gestione “in proprio” di alcolisti attivi
- Formazione interattiva per gruppi-target (Scuola Alcologica di 3° modulo)
- Attivazione nei territori ove siano presenti famiglie con p.a.c. di un CAT (Club degli Alcolisti in Trattamento)
- Riposizionamento e riorganizzazione della rete dei CAT esistenti a Catania e provincia
- Costruzione di materiale d’informazione alcologica mirata sia multimediale che tradizionale
- Riduzione di spese per l’assistenza agli alcolisti (per ricoveri, farmaci, cure di disintossicazione fuori Regione, ecc) : un alcolista in “attività”, secondo stime di oltre 10 anni fa (fonte Eurispes), costava alla collettività
non meno di 13 milioni di vecchie lire/anno; si calcola che oggi il costo non possa essere inferiore ai 10.000 euro/anno cui si aggiungono i costi “indiretti” per riduzione dell’ attività lavorativa, incidenti, prepensionamento, ricoveri, ecc.
- Razionalizzazione degli interventi sui pac su tutto il territorio provinciale
- Possibile richiamo di utenti da altre province siciliane e non solo (pertanto con una compensazione economica favorevole alla stessa ASL 3)
Accanto a questi che potremmo definire macro-obiettivi, si potranno costruire anche dei micro-obiettivi e dei progetti specifici di cui ho accennato in precedenza (per es. “ Alcol e guida” con una razionalizzazione degli interventi, un protocollo di verifica condiviso con le CML Patenti e i SerT, ecc.).
5.2. Indicatori
- Numero di operatori professionali coinvolti e sensibilizzati ai pac ( MMG, Operatori dei Consultori, Operatori degli Ospedali di varia professionalità, ecc) attraverso le SAT di 3° modulo (condotte dagli operatori del Centro Alcologico )
- Numero di colloqui con intervista alcologica e/o colloquio motivazionale per soggetti nuovi o rientrati (effettuati dagli operatori del Centro Alcologico TF)
- Numero di nuovi CAT aperti/anno (in cooperazione con il volontariato dedicato (APCAT e ARCAT Sicilia)
Per alcuni macro-obiettivi proposti l’indicatore è relativamente facile da individuare : per esempio, secondo la tempistica in precedenza indicata, l’attivazione o meno di un Day Hospital. La fruizione e organizzazione di esso, però, non dipende solo dalla proposta o dalla capacità degli operatori del Centro Alcologico, ma come è ovvio, coinvolge l’Alta Direzione Aziendale e i competenti Uffici Tecnico e patrimoniale oltrechè una specifica proposta dal Dipartimento Dipendenze Patologiche, in coordinamento con il Direttore di Distretto dove il DH verrebbe allocato. Per quanto si conosce dalle esperienze maturate nel nostro Paese, basterebbe la rifunzionalizzazione di locali già esistenti in ospedali aziendali o anche destinare una CTA allo scopo, con un indice costo/benefici certamente favorevole solo se si pensa al costo di una singola giornata di ricovero negli Ospedali Generali. Il DH per i problemi alcolcorrelati complessi o complicati, peraltro, fungerebbe da collegamento tra il semplice trattamento nei gruppi di auto-aiuto multifamiliari (CAT) e l’alternativa al ricovero ospedaliero o alla Comunità Terapeutica (peraltro centrata su altre dipendenze e con scarsa esperienza in tema di alcolismo). Alcune tipologie di alcolisti (casi complessi) potrebbero giovarsi di tale struttura intermedia iniziando contemporaneamente il programma nel gruppo territoriale (CAT) con la famiglia, in tal modo sarebbe evitato sia il ricovero tout court che l’eventuale ricorso alla Comunità Terapeutica residenziale, contenendo i costi assistenziali e migliorando l’efficacia dell’intervento.
Non sfugga, ancora, che una struttura di tal genere, supportata da un Centro Alcologico Territoriale Funzionale, sarebbe un unicum in Sicilia e a regime attirerebbe utenti da altre Province, con un ritorno non solo economico per l’ASL 3, ma di immagine nel panorama isolano.
5.3 Gli altri indicatori
Riguardo all’indicatore “Ridurre i consumi pro-capite di alcolici nel territorio provinciale” e “ Riduzione di spese per l’assistenza agli alcolisti” si dovranno effettuare analisi epidemiologiche locali di pre e post intervento per il secondo dei due. Riguardo alla riduzione dei consumi nella popolazione generale, anche qui si potrà avere un riscontro da una verifica – seppur di difficile attuazione – sui consumi pre e post intervento. In tal senso si potrebbe inizialmente concentrare l’intervento su un quartiere di Catania e verificare, dopo interventi territoriali, se esiste o meno una riduzione dei consumi o una modifica sostanziale degli stili di vita connessi al consumo di alcolici in alcune fasce di popolazione-target predeterminata.
Capitolo 6 . La valutazione.
“La profonda riorganizzazione del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale non può non riguardare anche il mondo delle tossicodipendenze.
È da molti anni che si sente dire che le “risorse sono finite” (nel senso di limitate) e che devono essere quindi gestite con razionalità ed accuratezza, ma oggi è necessario riportare anche l’attenzione sui risultati degli interventi. Questo riguarda sia il campo preventivo (principalmente) che quello terapeutico riabilitativo, dove non esistono ancora sistemi di valutazione quantitativa che misurino in modo realistico i reali effetti dei nostri sforzi, al di là delle nostre aspettative e convinzioni autoreferenziali.”. Cosi si esprimeva solo nel 2002 Giovanni Serpelloni, in riferimento alla riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale. La valutazione di outcome nel campo delle tossicodipendenze e ancor più riguardo i problemi alcolcorrelati e l’alcolismo, non hanno attualmente, in letteratura punti di riferimento chiari e universalmente accettati. E’, tuttavia necessario, tentare una valutazione sugli interventi che si faranno, con l’ottica della Qualità e del suo miglioramento continuo (MCQ). L’OMS definisce cosi la Qualità “Si può parlare di qualità nell’assistenza quando ogni paziente riceve l’insieme di atti diagnostici e terapeutici che portano a migliori esiti in termini di salute, tenendo conto dello stato attuale delle conoscenze scientifiche, con il minor costo
possibile ed i minori rischi iatrogeni, ottenendo la sua soddisfazione rispetto:
- agli interventi ricevuti;
- agli esiti ottenuti;
- alle interazioni umane avute all’interno del sistema sanitario”.
In tal senso la valutazione, tenuto conto della complessità del sistema, non può che riguardare l’analisi dei processi (definizione di “processo” : Successione strutturata di attività, con trasformazione di elementi in entrata in elementi in uscita, finalizzata a produrre un risultato (prodotto/servizio) che ha valore per l’utente) e la verifica del prodotto finale (definizione di “ prodotto” – output – Risultato di un processo quale effetto di azioni.). Il binomio Qualità-Valutazione sono il presupposto per un governo clinico dei processi medesimi : il problema è , in questo campo, cosa scegliere di valutare datochè non c’è unanimità di vedute sugli esiti dei trattamenti. E ancora : trattandosi di attività nuova occorrerà pianificare l’intervento (tempi/azioni intraprese ). Un efficace governo clinico del Centro Alcologico Territoriale Funzionale passa attraverso i seguenti livelli di valutazione :
- Verifiche in itinere del processo intrapreso, rispetto agli obiettivi prefissati (cadenza trimestrale) strutturando apposita lista di controllo
- Analisi di congruenza dei costi rispetto agli obiettivi prefissati (avvalendosi di un sistema di reporting puntuale ed efficiente)
- Intervista strutturata sulla soddisfazione del cliente-utente, di autosomministrazione e anonima (AUDIT di seconda parte)
- A completamento del percorso intrapreso, verrà effettuata, una verifica conclusiva, ma che sarà periodica eventualmente, avvalendosi di supervisori esterni che saranno appositamente invitati (AUDIT di terza parte). Si prevede fin da ora l’organizzazione di un Convegno sullo stato dell’arte dei Centri Alcologici Territoriali italiani : ciò sarà un utile confronto con le realtà più avanzate del nord Italia, migliorerà l’attendibilità della valutazione e costituirebbe spunto e stimolo ovvero possibilità di collaborazioni interregionali.
Capitolo 7 . Conclusioni
L’attivazione del Centro Alcologico Territoriale Funzionale ( a valenza provinciale) costituirebbe per la realtà dell’ASL 3 un progetto innovativo che eviterebbe da un lato la dispersione delle professionalità acquisite da parecchi operatori pubblici dal 1987 in poi (data di attivazione a Catania del primo CAT) e dall’altro darebbe dignità ai tanti volontari che negli anni si sono personalmente impegnati nei programmi alcologici. L’approccio familiare, la tensione verso un miglioramento della qualità della vita di tutto il nucleo familiare, l’empowerment delle reti sociali in cui il nucleo familiare è già inserito, non possono non avere una stabilità di lungo termine e non è più possibile legare tutto ciò alla motivazione di pochi operatori : in tal senso è appunto necessario tentare di proporre una istituzionalizzazione dei programmi alcologici su tutto il territorio provinciale. La riduzione dei consumi nella popolazione generale, innescare tutta una serie di programmi e progetti per mettere sotto controllo i danni alcolcorrelati e quindi incidere sui costi assistenziali diretti e indiretti, sono le mission del Centro medesimo. Il Centro Alcologico si pone certamente come ponte tra pubblico e privato e fa della sua dinamicità uno dei suoi punti di forza che autorevolmente potrebbe provare a mettere in crisi i luoghi comuni sul bere, non contrapponendosi alle scelte libere delle persone, ma affiancando un’informazione, non mercantile o di parte, orientata alla protezione e promozione della Salute che possa consentire scelte di consumo e di comportamento più meditate (vedi le varie Feste della birra, l’uso fuori pasto di alcolici, le promozioni a prezzi contenuti di pub , ecc). Asse portante del Centro Alcologico è il lavoro congiunto con i Club degli Alcolisti in Trattamento, oramai diventati un fenomeno di portata planetaria. In cooperazione con l’Associazione che li rappresenta in loco, sarà necessario coinvolgere molti più punti della rete formale e istituzionale, a partire dai MMG tradizionalmente restii ad inviare a questa tipologia di trattamenti. Risultati positivi in oltre il 70-75% dei casi ( vedi la Banca dati dell’AICAT che da qualche anno sta meglio organizzando la raccolta dati con il supporto del CNR di Pisa) a costi praticamente nulli e senza uso di farmaci o ricoveri per la gran parte, mette anche in crisi chi utilizza altri approcci o sconosce la metodologia che sottende il lavoro del Club degli Alcolisti in Trattamento. Non sfugga ancora che logica conclusione del percorso delineato sia l’attivazione anche di un Day Hospital per i problemi alcolcorrelati e complessi, attualmente trattati in vario modo, in sedi differenti, con approcci spesso diametralmente opposti o peggio non sono trattati lasciando alle famiglie il carico di situazioni difficili, con spreco di risorse economiche, tempo e risultati limitati. Vorrei concludere con una breve, ma attualissima notazione sugli “effetti collaterali” dei gruppi Club sul territorio. Una ricerca organizzata dal Centro Studi Problemi Alcolcorrelati di Trento con l’Università Cattolica ha evidenziato che oltre al raggiungimento della sobrietà (personale e di tutti i membri della famiglia) cresce con il tempo il patrimonio di amicalità, relazionalit`, fiducia nel prossimo, predisposizione ad occuparsi dei problemi della propria comunità locale partecipando ad enti e associazioni, ecc. cosa che si esprime come “capitale sociale”. Esso ha una crescita altamente significativa, in base alla ricerca visionabile nell’ipertesto connesso, nei soggetti che frequentano da circa due anni un CAT. Tali risultati controllati su un grosso campione nazionale dei 2300 Club attivi in Italia, da soli giustificherebbero la necessità di occuparsi in maniera più organica e stabile di problemi alcolcorrelati nelle nostre comunità locali, nei posti dove viviamo e lavoriamo.
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- Musso L., “ …e allora come ?”, Arcat Piemonte Ed., Torino, 1997
- Rolli A., Cottino A. (a cura) “ Le culture dell’alcol”, Franco Angeli Ed., Torino, 1992
Þ AVVERTENZA : Tenuto conto che l’argomento della presente dissertazione ha sue spiccate peculiarità ho raccolto prevalentemente da internet tutta una serie di riferimenti e approfondimenti che sono allegati in un cd-rom e direttamente disponibili come collegamento ipertestuale (CTRL + click sn) nella versione elettronica della stessa. Essi non sono disponibili per la versione cartacea.